lunedì 27 maggio 2013

Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei


“Don Gallo era un prete che, spinto dalla fede, dal carattere, dal coraggio, si è sempre occupato degli ultimi. Nato in un'Italia tanto diversa da ora, ci lascia un bagaglio enorme di esperienze, di scelte, di punti di vista dissonanti e per questo indispensabili. Predicava nelle carceri, negli istituti penali minorili, si occupava dei tossicodipendenti, degli alcolisti, dei migranti, dei malati psichici. A lui, cui nessun pregiudizio, nessun tabù, nessuna differenza impedì mai di essere apostolo di carità, va il mio pensiero grato e affettuoso”.

Pietro Grasso, presidente del Senato, afferma ciò sulla scomparsa di don Andrea Gallo, prete “sui generis”, venuto a mancare il 22 maggio scorso a 84 anni. Il prete degli ultimi, appunto, degli emarginati, dei più poveri e bisognosi, secondo gli insegnamenti di don Bosco,  mettendo sempre al centro la persona, con la sua originalità, i suoi pregi e difetti. Un prete con le idee chiare, che si è sempre opposto alle ingiustizie, alle prevaricazioni, ai soprusi e ai pregiudizi. Da qualunque parte provenissero. Anche e soprattutto dall’interno di quella che lui amava ripetere essere la sua casa, la Chiesa cattolica. 

Un uomo, proprio per questo, molto amato da alcuni, ma allo stesso tempo malvisto da altri. Non a caso, per il suo funerale, avvenuto il 25 maggio nella chiesa del Carmine della sua Genova, non sono mancati i momenti di emozione, di amore, ma anche di tensione. Alcuni secondi di fischi sono scattati quando il cardinale Bagnasco, arcivescovo di Genova, ha iniziato a parlare nell’omelia dell'attività del fondatore della comunità di San Benedetto. A provocare la protesta, dentro e fuori la chiesa del Carmine, il passaggio in cui il porporato ha detto: «Don Gallo bussò alla porta del cardinale Siri, che Andrea ha sempre considerato un padre e un benefattore». Fischi. Poi le grida: «Vergogna, vergogna!».
In effetti è difficile dimenticarsi il rapporto complicato di don Gallo con Siri, il quale nell’estate del 1970 lo trasferì dalla parrocchia del Carmine a Capraia, a quanto pare per un’omelia domenicale. Nel quartiere era stata scoperta una fumeria di hashish e l'episodio aveva suscitato indignazione nell'alta borghesia. Don Andrea, prendendo spunto dal fatto, ricordò nell'omelia che erano diffuse anche  altre droghe, per esempio quelle del linguaggio, grazie alle quali un ragazzo può diventare «inadatto agli studi» se figlio di povera gente, oppure un bombardamento di popolazioni inermi può diventare “azione a difesa della libertà”. La predicazione di don Andrea irritava una parte di fedeli e preoccupava i teologi della Curia, a cominciare dallo stesso cardinale Siri perché, si diceva, i suoi contenuti "non erano religiosi ma politici, non cristiani ma comunisti".


Grande amico di De Andrè, Vasco Rossi e di Piero Pelù, inseparabile dal suo sigaro e dal cappello, lottò per la legalizzazione delle droghe leggere, si schierò in difesa dei diritti degli omosessuali, delle lesbiche, ha alzato la voce quando Giovanni Paolo II ha condannato l’uso del preservativo nei suoi viaggi in Africa. Don Gallo era questo e molto molto altro. Era soprattutto amore, incondizionato e gratuito. Credeva soprattutto in due simboli: la Bibbia e la Costituzione, come ha ricordato don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione Libera, in occasione del funerale di un prete così “scomodo”.
Sempre con coraggio, continuiamo a essere trafficanti di sogni»
Era l’augurio di don Gallo per il 2013, scritto sulla prima pagina della sua agenda. Parole semplici, di chi crede che qualcosa possa cambiare, di chi non si accontenta della società di oggi, di chi è convinto che bisogna sempre lottare per migliorare e migliorarci. Un monito, un consiglio, un insegnamento che lascia ai suoi tanti “figli” della comunità di San Benedetto e a coloro che ha conosciuto.




Nessun commento:

Posta un commento