venerdì 5 ottobre 2012

MUSICA E LETTERATURA: UN BINOMIO LUNGO SECOLI

Buonasera a tutti! Qui di seguito un mio articolo pubblicato sulla rivista Chair su un binomio, a mio parere, esplosivo e accattivante. Quale? Musica e letteratura ovviamente!


Qualche giorno fa, dopo un’intensa mattinata, ho iniziato a sentire un po’ di musica per rilassarmi. Tra le diverse canzoni, sono stata “catturata” da “Modì” di Vinicio Capossela, canzone su Amedeo Modigliani. La pelle d’oca, poi, è aumentata vedendo un video con quadri del famoso pittore livornese e sue vecchie foto.                       
Domanda: c’è un nesso tra musica e letteratura? Qual è? Di certo, un testo deve essere musicale, avere ritmo, deve suonare dentro di noi. Si può parlare anche di “musicalità” del testo, e non solo del verso, ma anche delle frasi, dei paragrafi, o di cadenza, di “cursus”. Di strutture ritmiche, quindi, o di figure di suono: in una parola, l’importanza della cara vecchia retorica, che fa parte del bagaglio degli scrittori da sempre.
 “Scrivi la giusta combinazione di frasi corte, medie e lunghe.  Crea un suono che accarezzi l’orecchio di chi legge. Non scrivere solo parole. Scrivi musica”. (Roy Peter Clark, Writing Tools)
La musica - da molti considerata la più libera e pura tra le forme di espressione artistica - ha sempre avuto un legame molto stretto con la parola. Le storie più fantastiche, tramandate di padre in figlio per via orale, erano affidate al suono e al ritmo delle parole. Era più facile mandarle a memoria; soltanto quando la scrittura ha affiancato e poi sostituito completamente l'oralità - creando anche, fra le molte conseguenze, una divaricazione tra cultura "alta" e cultura "bassa" - la narrativa e la poesia hanno potuto vivere senza la musica. Alla radice stessa della poesia c’è un fondamentale elemento sonoro, musicale tanto che non possibile solo ‘leggere’ una brano poetico ma è necessario ascoltarlo, come ben sapevano gli antichi autori dei poemi epici.
Fin dai tempi più remoti, quindi, si è ritenuto che suono e ritmo avessero un peso importante nell’arte della parola, ma solo nel XIX secolo questi aspetti assumono una rilevanza primaria e si pongono al centro della riflessione. 


“Anche senza testo  la musica di Wagner resterebbe ugualmente opera poetica, essendo dotata di tutte le qualità costitutive di una poesia ben fatta, e di per sé esplicita, tanto i suoi elementi sono ben correlati tra loro, congiunti, adattati reciprocamente, (...) prudentemente concatenati”. (Charles Baudelaire)
Ma potrà mai la poesia essere musicale quanto lo è la musica stessa? Stephane Mallarmè aggirò la contraddizione e passò, per così dire, al contrattacco, sostenendo che la poesia è musica più di quanto lo sia l’arte comunemente nota con questo nome. “Quello che io faccio è Musica. – scrive in una lettera del 1893 - Chiamo così non quella che si può ricavare dall’accostamento eufonico delle parole (…) ma l’al di là magicamente prodotto da certe disposizioni della parola (…). Il termine Musica va inteso qui nel senso greco, che in sostanza significa Idea o ritmo tra dei rapporti.
Per quanto riguarda la prosa, anch’essa ha uno stretto rapporto con la musica: è probabile che anche il più innocente periodo prosastico sia portatore di un sistema di sonorità, di un’intonazione e di un ritmo. In particolare, si è parlato di vere e proprie ‘unità melodiche’ che strutturano qualsiasi discorso prosastico.  Le eventuali sonorità o ricorrenze ritmiche passano in secondo piano di fronte all’intenzione dell’autore, e del testo, di fare poesia contro le convenzioni generalmente accettate. Il suono, qui, è il suono che non c’è; un suono negato, che però deve accompagnare quasi ossessivamente il lettore.
Infine, ricordiamo che diversi musicisti italiani - soprattutto cantautori - si sono cimentati nella scrittura di prose, racconti e romanzi (ad esempio Enzo Jannacci, che nel lontano 1974 ha pubblicato con il grande giornalista Beppe Viola “L'incompiuter”; da un'altra collaborazione - quella tra Fabrizio De André e Alessandro Gennari - è nato “Un destino ridicolo”; non dimentichiamo, inoltre, Ivano Fossati, Francesco Guccini, Luciano Ligabue e Roberto Vecchioni).  Ma questa è un’altra storia.


Aspetto con curiosità vostri commenti a riguardo! Con o senza penna stilografica  :)



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