“L’attuale società tende, in modo sempre più
notarile, alla catalogazione delle espressioni di un essere: la mia esistenza
fisica e creativa, viceversa, non solo la rifiuta, ma non si riconosce in essa”.
Queste
le parole di Vitaldo Conte, critico
d’arte, artista a 360° e docente di storia dell’arte all’Accademia di Belle
Arti di Roma, riprese dal suo sito (http://www.vitaldoconte.com/). In effetti è difficile, praticamente impossibile, rinchiudere
in una semplice categoria questo artista, respirando fin da piccolo l’amore per
l’arte (il padre era scultore, il nonno musicista) e da sempre affascinato
dalla figura di Dioniso, dio dell’ebbrezza e delle contraddizioni, donatore di
tutto ciò che è buono, ma capace di lacerare crudelmente i corpi degli uomini e
di cibarsi di carne cruda( al dio greco Conte dedica nel 1977 il libro di poesie “Dionisismo sincopato”) .
Dell’assoluta
complessità di questo artista ne sono stata ancora più convinta dopo averlo
conosciuto il 19 maggio in occasione di Art Factory alle Ciminiere a Catania per
la presentazione del suo ultimo libro “Pulsional Gender Art” (Avanguardia 21
edizioni), seguita nel pomeriggio da “ Pulsional TransArt... in Pulsional Ritual” (Gepas) ad Avola (in
cui sono intervenuti l’editore Orazio Parisi, con Annarella Susino e la nostra
Simona Di Bella, che sono state parte integranti del libro di Vitaldo Conte) e
terminata con lo spettacolo tenutosi la sera a Siracusa nella Sala Randone, con
il gruppo musicale hard rock e metal Magma. L’indomani l’appuntamento è stato a
Noto con “Pulsional ritual:
TransArt in Sud-Mediterraneo Ambienti-Anima Suono (Gepas)”.
“Pulsional
gender art” è uscito nel novembre 2011, ma l’autore è voluto ritornare a
presentarlo a Catania, città da lui molto amata, che si può considerare quasi
la sua seconda patria, avendo l’abitazione nel centro storico etneo (vive,
infatti, tra Catania e Roma).
Il titolo, racconta Vitaldo Conte durante la
presentazione (che in realtà si è trasformata in un interessante e ricco
dibattito), è nato durante una cena con Carmelo Strano, filosofo e critico
delle arti visive, che era presente all’incontro, stando sempre vicino al
lavoro dell’amico e collega. Il libro si può considerare un “manifesto
visionario della pulsione”, che spinge, obbliga il lettore( e ha spinto gli
spettatori della presentazione) a una riflessione che va ben oltre l’arte.
“L’importante è pulsare; Vitaldo Conte fa pulsare in maniera
estrema, il suo è quasi un accanimento terapeutico, convinto di poterci guarire
dalla noia, dall’incapacità, dalla rassegnazione, dalla mancanza di volontà”,
afferma Carmelo Strano. In effetti, la
crisi, non solo quella economica, ma anche e soprattutto quella dei valori,
“sta mettendo a nudo tutto il castello di carta su cui si è fondata la nostra
società”. Le problematiche sono analoghe in ogni parte del mondo. A questo
punto entra in gioco il pulsare, visto appunto come indice di vitalità, di
vita, con la condizione necessaria che ciascuno di noi ne abbia consapevolezza dentro
di sé. “Questo virus sano è ciò che serve”, sostiene Vitaldo Conte, “perché se
non pulsiamo non andiamo da nessuna parte”. Pulsione è anche rabbia, reazione,
ribellione. Tutto ciò che cambia è proprio per via della pulsione. Durante
l’incontro si è posta particolare attenzione ai giovani, che devono
necessariamente avere questi atteggiamenti. L’arte in tutto ciò può aiutare;
essa è fatta da coloro che, invece di stare in una torre d’avorio, stanno nella
torre di controllo dell’aeroporto, per determinare le cose. Forse il problema,
è stato fatto notare, è che ai giovani d’oggi è stato dato l’addestramento, il
quale però non porta all’autocoscienza dell’io. C’è il rischio che i giovani
possono essere spaventati dall’arte, dai termini teorici ed eccessivamente
tecnici. Ma è realmente così? Dipende da ciò che si intende per arte: se si
intende semplicemente per arte ciò che sta all’interno delle gallerie, si può
avere qualche difficoltà. Ma l’arte di oggi si può trovare anche nelle reti
internet, nei locali di tendenza, nel make up e nel fashion. Ad esempio, il
Body Painting non è anch’essa una forma d’arte? Il piercing, il tatuaggio o i
capelli con un taglio o un colore particolare non sono arte? Addirittura in
questi casi il proprio corpo diventa una pagina in cui è possibile esprimersi.
Il make up stesso diventa un’azione automatica quotidiana, un
mascherarsi che era già diffuso presso le tribù antiche e i militari in azione:
un rito, una necessità psicologica. Insomma… Una provocazione verso il fare, il
sentire, il farsi sentire, ma non senza il confronto con la storia. La pulsione
è anche sensualità, è il motore che deve portare da qualche parte , fare
sentire più liberi, attivi e spontanei. Bisogna fare diventare la propria vita
un’opera d’arte, un po’ come fece Guido Keller, aviatore che tra i suoi voli
leggeva i classici come Ariosto, e che
partecipò all’impresa di Fiume guidata dal suo caro amico Gabriele D’Annunzio.
Addirittura D’Annunzio lo volle sepolto al Vittoriale degli Italiani, dopo il
terribile incidente stradale in cui perse la vita a soli 37 anni.
Nel percorso di Vitaldo Conte non c’è differenza tra teorico
e l’artista: impressionante il video per il centenario del Futurismo, in cui si
lancia da un aereo col paracadute, tenendo nella bocca una rosa rossa(http://www.youtube.com/watch?v=7G7cjK0bxM4). Già… La rosa rossa:
simbolo della passione, della lussuria, del desiderio, dell’innamoramento, del
concetto di effimero, che spinge al “carpe diem” oraziano. Credo che sia
perfetta, a riguardo, una semplice frase di D’Annunzio: “Ricorda di osare sempre”. Allora osiamo, pulsiamo con tutto
il fuoco che abbiamo dentro.
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