venerdì 29 agosto 2014

Il curioso caso di Ali Hussain

“Capita a tutti di sentirsi diversi in un modo o nell'altro, ma andiamo tutti nello stesso posto, solo che per arrivarci prendiamo strade diverse...”. 
Un’affermazione semplice e saggia questa, che viene fatta pronunciare a Brad Pitt nel film del 2008 “Il curioso caso di Benjamin Button”, diretto da David Fincher e tratto da un  breve racconto del 1922 di Francis Scott Fitzgerald. Il film è stato candidato a tredici premi Oscar ,vincendo quelli per migliore scenografia, miglior trucco e migliori effetti speciali. Si tratta della storia di un uomo che nasce vecchissimo e muore neonato. Fitzgerald si rifece alla riflessione di Mark Twain: «La vita sarebbe assai più felice se nascessimo all’età di 80 anni ed evolvessimo gradualmente fino ai 18». 

Quando ho letto la notizia di Ali Hussain mi è venuto spontaneo pensare al film sopra citato (che, personalmente, ho apprezzato molto). Si tratta della stessa situazione, ma nel caso inverso: Ali è un quattordicenne  imprigionato nel corpo di un uomo di 110 anni. È uno degli ottanta casi in tutto il mondo di Progeria, una malattia molto rara che fa invecchiare il corpo otto volte più velocemente del normale, causando nel bambino le tipiche malattie degli anziani (dall'artrite ai problemi agli occhi, passando per le malattie cardiache e la calvizie). Eppure questa tremenda malattia non altera la mente, che resta l'unico vero indicatore dell' età del soggetto.

“Ho voglia di vivere e spero tanto che là fuori ci sia una cura che possa migliorare la mia condizione”, afferma il giovane, spaventato anche dal fatto che cinque suoi fratelli sono già deceduti per questa “curiosa” malattia, che sembra essere in continua lotta contro il tempo.


















Mi piacerebbe essere una persona normale, che può giocare, fare sport, andare a scuola e perché no correre qualche rischio. Purtroppo non posso e mi sento depresso, ma il più delle volte faccio quello che la vita mi può offrire senza lamentarmi. Ero molto giovane quando i miei fratelli sono morti, ne sono uscito distrutto specialmente quando ci ha lasciato mio fratello Ikramul, era il mio migliore amico. Ho pianto per settimane, ma poi mi sono reso conto che gli avrei fatto un grande torto se non avessi reagito. Adesso non ho amici, ma devo comunque essere forte".
Domanda: secondo Voi la società di oggi, la società dell’apparenza, dell’avere, del sembrare, è pronta a dare il benvenuto ad Ali? No… La sua vita, come ci si può immaginare, è fatta di solitudine ed emarginazione, lontano da quel mondo che derideva  lui e i suoi fratelli perché “diversi”.

La diversità, però, può anche essere un vantaggio, nel tempo. Ciascuno ha un proprio percorso, che può essere più o meno dritto, più o meno  impervio; un cammino che ha come fine ultimo la serenità, la felicità, lo stare bene con se stessi. Diventare “guerrirero della luce”, come lo chiama Paulo Coelho. Non ci sono regole per arrivare a questo fine ultimo. L’importante è rimanere sempre giovani. Giovani dentro. 

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