(Tratto dal giornale Notabilis, agosto 2013)
“Nessuno meglio di
voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos
con cui Dio, all'alba della creazione, guardò all'opera delle sue mani. Una
vibrazione di quel sentimento si è infinite volte riflessa negli sguardi con
cui voi, come gli artisti di ogni tempo, avvinti dallo stupore per il potere
arcano dei suoni e delle parole, dei colori e delle forme, avete ammirato
l'opera del vostro estro, avvertendovi quasi l'eco di quel mistero della
creazione a cui Dio, solo creatore di tutte le cose, ha voluto in qualche modo
associarvi… La società, in effetti, ha
bisogno di artisti, come ha bisogno di scienziati, di tecnici, di lavoratori,
di professionisti, di testimoni della fede, di maestri, di padri e di madri,
che garantiscano la crescita della persona e lo sviluppo della comunità
attraverso quell'altissima forma di arte che è « l'arte educativa ». Nel vasto
panorama culturale di ogni nazione, gli artisti hanno il loro specifico posto.
Proprio mentre obbediscono al loro estro, nella realizzazione di opere
veramente valide e belle, essi non solo arricchiscono il patrimonio culturale
di ciascuna nazione e dell'intera umanità, ma rendono anche un servizio sociale
qualificato a vantaggio del bene comune”.
Così, con parole
dirette, piene di dolcezza, forza ed entusiasmo, Giovanni Paolo II il 4 aprile
1999, nel giorno di Pasqua dell’anno che stava affacciandosi sul terzo
millennio, spronava gli artisti e, indirettamente, tutti coloro
che sono convinti che la bellezza sia
«un invito a gustare la vita e a sognare il futuro». L’arte invita a riflette,
a porsi domande, a migliorarsi, a rendere più bella e luminosa la realtà che ci
circonda. Almeno dovrebbe fare ciò… Sempre con correttezza, umiltà, attenzione
e sensibilità. Tali caratteristiche sono presenti in Alfio Giurato(http://www.alfiogiurato.it/sito.php), artista trentacinquenne
catanese, che si è presentato il 27 giugno alla conferenza stampa del nuovo
Museo di Arte contemporanea Sicilia (Macs) timido, ma con le idee chiare, pieno
di fantasia e di sogni. Giurato, con tanto tanto talento, ha ottenuto prima il
diploma in decorazione pittorica all'Istituto d’Arte di Catania e poi la laurea all'Accademia di Belle Arti nel 2005, con il massimo dei voti e la menzione
speciale.
Un progetto fortemente voluto
da Giuseppina Napoli, direttore del Macs, la quale ha voluto puntare per
l’inaugurazione del museo proprio su un giovane catanese, proprio su uno di
quei ragazzi che anni fa affollavano la via Crociferi per andare alla scuola
d’arte, con zaini e borsoni pieni di sogni, curiosità, colori, paure e voglia
di emergere. Oggi quella scuola, in quel luogo, non esiste più. Il Monastero
dei Gesuiti, che l’ospitava fino al 2009, è un palazzo settecentesco, ormai
nella totale decadenza, nonostante la sua indiscussa e intramontabile bellezza.
“Il MacS è solo un piccolissimo gesto, un tenue
respiro rispetto all'immensità storico-artistica che lo circonda. Eppure questo
piccolo spazio ci consente di ritrovare tra le sue austere mura claustrali, il
tempo. Il tempo di riprendere in mano la storia passata e imparare a custodirla
con rispetto, di comprendere il presente e di tornare a sognare costruendo il
futuro. Il tempo della nuova crescita e dei nuovi incontri. Ed ecco che arriva
il tempo di Alfio Giurato". Queste
le parole di Giuseppina Napoli, la quale afferma che la collezione di Alfio
Giurato “Furia corporis” “svela, con opere di grande potenza, la drammatica
inquietudine di questi giorni, un corpo a corpo interiore, rimarcato da neri
intensissimi e taglienti squarci di luce”.
Tele
che parlano, figure animate da sentimenti furiosi, spesso in tensione, in un
atteggiamento non rassegnato. Una furia trattenuta pronta a esplodere. Un
artista dei nostri tempi, un giovane che attraverso la pittura esprime le
proprie emozioni, i propri sentimenti, le proprie frustrazioni e le proprie
speranze. Palese lo stretto rapporto tra corpo e anima nelle opere dell’artista
catanese. Il volto è spesso rivolto verso l’alto, verso, appunto, Qualcuno o
qualcosa di superiore, sempre teso. Tele ad olio che si “avvicinano” a chi
guarda tramite l’altorilievo.
Un
ragazzo talentuoso, ma umile, quasi inconsapevole delle sue enormi potenzialità
(cosa che è sicuramente un punto a suo favore). Un trentacinquenne della porta
accanto, pulito, corretto, come sottolinea Alberto Agazzani, curatore d’arte
Macs.
“Alfio Giurato rappresenta, nella sua estrema
violenza e bellezza, la reazione figurativa (e quindi intellettuale) ai quesiti
ed alle inquietudini poste a noi da un tempo al termine della sua notte.
Utilizzando una tecnica raffinatissima e manifesta di un talento non
improvvisabile né indifferente, Giurato dipinge grandi (e piccole) tele con
intensità e qualità espressiva sempre al limite del parossismo. La forza delle
sue immagini non nasce da nessuno dei "giochetti", delle trovate o
degli escamotages infantili, dalle facili (e non di rado volgari) provocazioni
tanto care alla contemporaneità più modaiola d'oggi, no e mai. La pittura di
Giurato è senza tempo e senza patria, antica alla maniera dell'ultimo Tiziano o
Rembrandt, misteriosa e teatrale come un caravaggesco eppure intrisa di un
sentire più futuribile che meramente attuale”.
“Alfio
Giurato”, continua Agazzani, “ha illustrato il suo personalissimo atlante
psicologico del nostro tempo con intensa, quasi ossessiva tensione verso la
bellezza del corpo e, di contro, la sua dimensione di castigo. Nulla a che
vedere con il tormento e l’estasi michelangiolesche, sebbene le forme di
Giurato adducano ad un’idealità fisica non lontana da quella del grande
fiorentino. Ma mentre nelle invenzioni rinascimentali del Buonarroti il corpo
esprimeva una potenza ultraterrena, sempre e comunque, nel nostro giovane
pittore avviene l’esatto contrario. Corpi perfetti e statuari, forti e
vigorosi, in Giurato si trasformano in autentiche prigioni, dalle quali (pare)
nessuno possa fluire libero e leggero… Quelli di Giurato, dunque, paiono eroi
ed eroine, guerrieri e amazzoni vinti e resi prigionieri di gabbie mentali
generate dall’oblio e dal senso di solitudine di un tempo senza dignità e
umanità; eroi e guerrieri pronti a risorgere, a rinascere definitivamente nella
loro abbagliante bellezza, come un Sisifo che, dopo secoli di prigionia, abbia
conquistato coscienza e, scagliato il suo masso nel mare, si appresti a
riconquistare la sua vita e il suo mondo”.
Alla
conferenza stampa, svoltasi nella sala in
cui un tempo era possibile colloquiare con le monache, nella rispettosa
distanza rappresentata dalle grate, si è voluto anche sottolineare come si miri
a rappresentare al Macs un’arte con un valore estetico, che comunichi emozioni,
con un valore etico, il famoso “kalos kai agathos” dei Greci. In un tempo
complicato e complesso, c’è bisogno di normalità, di passione, di semplicità. Non
opere che provengono dalla fama, dalla gloria, dall’art system. Si è lontani,
quindi, dalla mentalità puramente commerciale . D’altronde l’arte è un’altra
cosa. L’arte è un’Alta cosa. Un luccichio, uno sprono, una ricerca continua di
far arrivare lo spettatore alla Verità, al vero senso della vita.
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