(articolo di Chiara Gradante)
Il mondo
antico era a colori o in bianco e nero? L’ analisi dei testi antichi aveva
portato gli studiosi del XIX secolo a ritenere che i Greci avessero scarsa
consapevolezza dei valori cromatici, che fossero quasi daltonici. Lazarus
Geiger, analizzando i poemi omerici, sosteneva che non solo Omero ma tutti gli
antichi dovevano avere una sensibilità ai colori diversa dalla nostra, poiché
solo chi ha occhi diversi dai nostri può dire che il cielo è nero o che il vino
e il mare sono dello stesso colore.
In realtà la visione coloristica dei Greci era condizionata da valori di luminosità più che da quelli della tinta, motivo per cui i nomi dei colori in greco non sono sempre e perfettamente sovrapponibili a quelli moderni. Inoltre occorre prendere in considerazione che particolari espressioni coloristiche potevano semplicemente essere spiegate anche come immagini poetiche. Luce e poesia sono dunque le due caratteristiche che condizionano la terminologia dei colori della lingua greca e che possono offrire la possibilità di guardare in modo diverso alle molteplici sfumature coloristiche dei nostri paesaggi siracusani.
La Sicilia, terra unica nei suoi colori, ci lascia spesso a secco di parole o meglio con quella inappagante sensazione di non trovare la cosa più appropriata da dire di fronte ad un idilliaco panorama.
L’esperimento è quello di descrivere alcune suggestive vedute del mare siracusano con i termini dei colori della lingua greca, che offrono più sfumature e più profondità di significato di quelli moderni.
In realtà la visione coloristica dei Greci era condizionata da valori di luminosità più che da quelli della tinta, motivo per cui i nomi dei colori in greco non sono sempre e perfettamente sovrapponibili a quelli moderni. Inoltre occorre prendere in considerazione che particolari espressioni coloristiche potevano semplicemente essere spiegate anche come immagini poetiche. Luce e poesia sono dunque le due caratteristiche che condizionano la terminologia dei colori della lingua greca e che possono offrire la possibilità di guardare in modo diverso alle molteplici sfumature coloristiche dei nostri paesaggi siracusani.
La Sicilia, terra unica nei suoi colori, ci lascia spesso a secco di parole o meglio con quella inappagante sensazione di non trovare la cosa più appropriata da dire di fronte ad un idilliaco panorama.
L’esperimento è quello di descrivere alcune suggestive vedute del mare siracusano con i termini dei colori della lingua greca, che offrono più sfumature e più profondità di significato di quelli moderni.
Sul far
dell’alba, il lembo marino, che si può scorgere oltre la ringhiera del
Lungomare Alfeo, appare tra il bianco, il grigio e il ceruleo, luminoso e
vibrante. Potremmo definire il colore di questo paesaggio marino con il termine
leukòs, che deriva da una radice
indeuropea che significa “trasparente,chiaro”, ma che non sembra avere soltanto
l’idea di luminosità: indica prevalentemente tutte quelle gradazioni di bianco
che muovono dal colore della neve fino al bigio delle polvere. A livello
poetico, in particolar modo nelle omelie esameronali dei padri Cappadoci, il
colore del mare viene definito “bianco” perchè in esso vi regna una profonda
quiete. In questo caso l’idea del bianco è associata alla sfera del positivo:
esprime il divino, rinviando a tutto ciò che è puro, innocente. La valenza
positiva del bianco è attestato anche nell’antichità greca: in Euripide e in Plutarco è segno di
felicità. Ed ecco che un solo termine
riesce ad esprimere in maniera più completa quello che la nostra lingua arriva a
significare solo in parte.
All'avanzare della mattina, nelle ore di poco antecedenti al caldo mezzogiorno primaverile, la stessa parte di mare del Lungomare siracusano sembra assorbire tra le sue acque un colore ancor meno deciso, più lucido e sfumato: non azzurro, ma tra il giallo e il grigio. In greco il termine xantòs sembrerebbe il nostro giallo. Ma se si analizza la radice indeuropea kasen-, da cui deriva il termine greco, si vedrà che in latino risponde a canus “grigio, canuto”, in tedesco a hasan “grigio”, in inglese a hasu “grigio,bruno”. Il valore coloristico che predomina è il grigio e non il giallo. Inoltre la radice indeuropea kasen- ha un valore luministico che si ritrova anche in altre lingue: kasen-, da cui deriva il termine greco, in latino risponde a canus “grigio, canuto”, in tedesco a hasan “grigio”, in inglese a hasu “grigio,bruno”. Il valore coloristico che predomina è il grigio e non il giallo: non potremmo trovare termine più appropriato per descrivere il colore del mare a mezzoggiorno.
All'avanzare della mattina, nelle ore di poco antecedenti al caldo mezzogiorno primaverile, la stessa parte di mare del Lungomare siracusano sembra assorbire tra le sue acque un colore ancor meno deciso, più lucido e sfumato: non azzurro, ma tra il giallo e il grigio. In greco il termine xantòs sembrerebbe il nostro giallo. Ma se si analizza la radice indeuropea kasen-, da cui deriva il termine greco, si vedrà che in latino risponde a canus “grigio, canuto”, in tedesco a hasan “grigio”, in inglese a hasu “grigio,bruno”. Il valore coloristico che predomina è il grigio e non il giallo. Inoltre la radice indeuropea kasen- ha un valore luministico che si ritrova anche in altre lingue: kasen-, da cui deriva il termine greco, in latino risponde a canus “grigio, canuto”, in tedesco a hasan “grigio”, in inglese a hasu “grigio,bruno”. Il valore coloristico che predomina è il grigio e non il giallo: non potremmo trovare termine più appropriato per descrivere il colore del mare a mezzoggiorno.
E’ il momento in cui il sole scende sull'orizzonte tingendo di rosso il letto del mare. E’ l’ora in cui la luna comincia la sua ascesa, lasciando bagliori a perdita d’occhio e un colore indefinito che sembra sfumare sotto le onde del mare. Per indicare la tonalità del rosso la lingua greca usa prevalentemente due termini che hanno diversa valenza: erytròs, il colore rosso propriamente inteso, e porfyreos, più precisamente il colore della porpora. In italiano, invece, non sembra esserci una così netta differenza: il rosso è il colore del sangue vivo, del rubino, ma anche della porpora. In questo caso, però, i due termini non riescono ad esprimere in modo esaustivo quel tipo di rosso tanto cangiante e luminoso. Ma se prendiamo in considerazione il prefisso ypò che viene premesso al termine erytròs, avremo un ypèrytros che è vicino al significato del nostro “rossastro”, ma che in sé porta una sfumatura di colore ancor più attenuato e luminoso, che si avvicina di gran lunga al colore del mare al tramonto. La visione del colore dei Greci quindi è condizionata dalla luce che, colpendo gli oggetti, si compone in vari colori che si accostano e si mescolano, esaltandosi reciprocamente. Colorano la realtà così come credono di percepirla e non si limitano a rappresentarla solo naturalisticamente. In questo non vi è intimismo o sentimentalismo, ma la nitida applicazione di una nuova “verità ottica: l’uomo esprime la poesia della luce sempre mutevole.
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