lunedì 2 dicembre 2013

Emanuela Ersilia Abbadessa: una vita di cuore e musica

(tratto dal giornale Chair del 18 novembre)
Emozione, passione, eleganza, tanto tanto cuore e musica: queste le sensazioni che mi ha trasmesso Emanuela Ersilia Abbadessa, musicologa, ex docente universitaria di Storia della Musica della facoltà di Lingue e letterature straniere di Catania. Poi la delusione di un concorso di ricercatrice e la sua vita, che sembrava ben indirizzata in certi binari, è cambiata; la delusione è stata talmente cocente che ha caricato la macchina e si è trasferita a Savona. A volte la vita può riservare grosse sorprese, anche negative, che dobbiamo essere in grado di accettare. E magari di farne, col tempo, un punto di forza. Non è assolutamente semplice, ma storie come quella dell’Abbadessa fanno capire che la tenacia è fondamentale. Una vita intensa, quasi da film, vissuta al cento per cento, sempre da protagonista.
Con il suo romanzo di esordio Capo Scirocco (Rizzoli, 2013) ha vinto il Premio Rapallo-Carige 2013 per la Donna Scrittrice, il Premio Letterario Internazionale Isola d’Elba R. Brignetti ed è stata finalista al Premio Alassio Cento Libri Un autore per l’Europa.
La ringrazio per questa intervista e per quello che mi ha trasmesso.
-Emanuela, cosa sognavi da piccola? Come è nato l’amore per la musica? E oggi ti senti realizzata?
Da piccola volevo fare la lavandaia, mi sembrava un lavoro pieno di soddisfazioni. Mia madre, infatti, sempre preoccupata che mi raffreddassi, mi impediva di giocare con l’acqua e, di contro, io vedevo ogni settimana donna Lina andare a casa di mia nonna e stare ore a lavare tutto il bucato, cosa per la quale veniva addirittura pagata. Lo trovavo magnifico: tenere le mani in acqua senza nessun rimprovero ed essere retribuiti per farlo! Direi che le mie aspirazioni sono state uccise dalla lavatrice.
La musica ho cominciato a studiarla a cinque anni, nella mia famiglia faceva parte del bagaglio di conoscenze di base che si dovevano avere: leggere, scrivere, far di conto e conoscere la musica. Una buona norma che, ahimè, è caduta in disuso ma che per me resta fondamentale.
Non ho mai inseguito la felicità ma ho sempre sperato di raggiungere un livello accettabile di serenità: la vita mi ha sorpreso, perché oggi sono veramente felice.

-Cosa ti ha insegnato la musica?
Soprattutto la disciplina.

-Con “Capo Scirocco” (Rizzoli) hai vinto la 29° edizione del Premio letterario nazionale “Rapallo Carige” per la donna scrittrice. Come è nato questo romanzo?
È nato dalle mie memorie, quelle della famiglia di mio marito e quelle della mia famiglia. La fuga di Luigi, il protagonista maschile di «Capo Scirocco», mi è stata ispirata dalla fuga di mio suocero che lasciò Caltagirone per Catania per poter studiare; la campagna laziale dalla quale proviene il personaggio è quella di origine della famiglia di mia madre.

-“Capo Scirocco” è ambientato in Sicilia. Cosa ti manca della tua terra? Cosa ti piace? E cosa cambieresti?
Della Sicilia mi manca soprattutto il cibo. La Sicilia è bella, è la mia terra ed io la amo profondamente. Naturalmente ci sono molte cose che non mi piacciono e che sarebbe meglio se cambiassero, ma la nostalgia degli emigrati è cattiva consigliera e finisce col farci amare tutto della terra che lasciamo.

-“Qualche mese fa una lettrice del mio romanzo, ritrovandosi il libro di mio marito tra le mani – Bellini Vincenzo in Catania (Maimone, 1985) – fotografò la dedica e mi spedì l’immagine: “Alla memoria di mio padre che cantava Bellini e di mia madre che lo accompagnava al pianoforte”. Ebbene, oggi quella dedica voglio ricordarla, perché dentro Capo Scirocco c’è un po’ di Enrico, un po’ di suo papà che cantava e di sua mamma che suonava”. Così nel tuo blog http://letteredalconvento.wordpress.com/, con una splendida lettera a tuo marito Salvatore Enrico Failla che hai voluto condividere con i tuoi lettori…
Mi ci sono voluti molti anni per farlo. Avevo scritto quelle righe dopo la morte di Enrico e le avevo mandate solo agli amici più cari. Nell’ultimo anno, grazie a Capo Scirocco, mi è capitato spesso di parlare in pubblico di mio marito e, come spesso avviene, qualcuno ci ha trovato da ridire. Io non amo l’esposizione del dolore e degli affetti privati ma mi sembrava che quella pagina potesse essere un piccolissimo tributo alla memoria di un uomo che è stato anche il mio Maestro.


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